Covid.19: ad aprile niente più mascherine


Dall’11 febbraio 2022 stop delle mascherine all’aperto, ma è obbligatorio averle con sé e utilizzarle in caso di assembramento. Dal 1° aprile 2022 l’obbligo cessa anche nei luoghi al chiuso (Ministero Salute – ordinanza 08 febbraio 2022).

Fino al 31 marzo 2022 è fatto obbligo sull’intero territorio nazionale di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private. L’obbligo non sussiste quando, per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantito in modo continuativo l’isolamento da persone non conviventi.


Fermo restando quanto diversamente previsto da specifiche norme di legge o da appositi protocolli sanitari o linee guida, dall’11 febbraio 2022 nei luoghi all’aperto è fatto obbligo sull’intero territorio nazionale di avere sempre con sé i dispositivi di protezione delle vie respiratorie e di indossarli laddove si configurino assembramenti o affollamenti.


Non hanno l’obbligo di indossare il dispositivo di protezione delle vie respiratorie:


– i bambini di età inferiore ai sei anni;


– le persone con patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina, nonché le persone che devono comunicare con un disabile in modo da non poter fare uso del dispositivo;


– i soggetti che stanno svolgendo attività sportiva.


L’uso del dispositivo di protezione delle vie respiratorie integra e non sostituisce le altre misure di protezione dal contagio.


Estensione del regime dell’adempimento collaborativo


Ulteriori contribuenti sono ammissibili al regime dell’adempimento collaborativo (MEF – Decreto 31 gennaio 2022)

Per gli anni 2022, 2023 e 2024, i contribuenti che conseguono un volume di affari o di ricavi non inferiore a un miliardo di euro, possono essere ammessi al regime di adempimento collaborativo (artt. da 3 a 7, d.lgs n. 128/2015).
Al fine di promuovere l’adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate basate sul reciproco affidamento tra Amministrazione finanziaria e contribuenti, nonché di favorire nel comune interesse la prevenzione e la risoluzione delle controversie in materia fiscale, è stato istituito il regime di adempimento collaborativo fra l’Agenzia delle entrate e i contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inteso quale rischio di operare in violazione di norme di natura tributaria ovvero in contrasto con i principi o con le finalità dell’ordinamento tributario.
L’adesione al regime comporta la possibilità per i contribuenti di pervenire con l’Agenzia delle entrate a una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali, attraverso forme di interlocuzione costante e preventiva su elementi di fatto, inclusa la possibilità dell’anticipazione del controllo.
L’adesione al regime comporta altresì per i contribuenti una procedura abbreviata di interpello preventivo in merito all’applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti, in relazione ai quali l’interpellante ravvisa rischi fiscali. L’Agenzia delle entrate, entro quindici giorni dal ricevimento, verifica e conferma l’idoneità della domanda presentata, nonché la sufficienza e l’adeguatezza della documentazione prodotta con la domanda. Il termine per la risposta all’interpello è in ogni caso di quarantacinque giorni, decorrenti dal ricevimento della domanda ovvero della documentazione integrativa richiesta, anche se l’Agenzia delle entrate effettua accessi alle sedi dei contribuenti, definendone con loro i tempi, per assumervi elementi informativi utili per la risposta. I contribuenti comunicano all’Agenzia il comportamento effettivamente tenuto, se difforme da quello oggetto della risposta da essa fornita. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, sono disciplinati i termini e le modalità applicative del presente articolo in relazione alla procedura abbreviata di interpello preventivo.
Per i rischi di natura fiscale comunicati in modo tempestivo ed esauriente all’Agenzia delle entrate prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali, se l’Agenzia non condivide la posizione dell’impresa, le sanzioni amministrative applicabili sono ridotte della metà e comunque non possono essere applicate in misura superiore al minimo edittale. La loro riscossione è in ogni caso sospesa fino alla definitività dell’accertamento.
In caso di denuncia per reati fiscali, l’Agenzia delle entrate comunica alla Procura della Repubblica se il contribuente abbia aderito al regime di adempimento collaborativo, fornendo, se richiesta, ogni utile informazione in ordine al controllo del rischio fiscale e all’attribuzione di ruoli e responsabilità previsti dal sistema adottato.
Il contribuente che aderisce al regime è inserito nel relativo elenco pubblicato sul sito istituzionale dell’Agenzia delle entrate.
I contribuenti che aderiscono al regime non sono tenuti a prestare garanzia per il pagamento dei rimborsi delle imposte, sia dirette sia indirette.


Trasmissione dichiarazioni fiscali: presupposti per ottenere l’abilitazione


Se l’attività principale è quella di consulenza aziendale, mentre l’attività di “Elaborazione dati contabili” è svolta solo in via secondaria, è possibile ottenere l’abilitazione al servizio ENTRATEL ai soli fini dell’invio telematico delle dichiarazioni qualora l’attività di consulenza fiscale sia effettivamente svolta con abitualità. (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 07 febbraio 2022, n. 79)


 


Ai soli fini della presentazione delle dichiarazioni in via telematica mediante il servizio telematico Entratel si considerano soggetti incaricati della trasmissione delle stesse: (art. 3, co. 3, DPR n. 322/1998).
a) gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;
b) i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la subcategoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;
c) le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori, nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico- linguistiche;
d) i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;
e) gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Tra gli « altri incaricati individuati con decreto» cui fa riferimento la lettera e) sopra citata, il legislatore ha incluso:
1. le associazioni e le società semplici costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni in cui almeno la metà degli associati o dei soci è costituita da soggetti indicati alle lettera a) e b) sopra indicate (DM 18 febbraio 1999);
2. le società commerciali di servizi contabili, a condizione che la maggioranza del capitale sociale sia posseduto dai soggetti indicati alle lettera a) e b) sopra indicate (DM 18 febbraio 1999);
3. le società tra professionisti (s.t.p.);
4. le ” associazioni tra avvocati” e le ” società tra avvocati”;
5. coloro « che esercitano abitualmente l’attività di consulenza fiscale» (DM 19 aprile 2001).
In ogni caso, il soggetto che chiede l’abilitazione alla trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali deve essere in possesso della partita IVA.


Nella fattispecie esaminata dall’Amministrazione finanziaria, l’istante riferisce che la sua attività principale è quella di consulenza aziendale, riconducibile al codice ATECO 702209, mentre l’attività di “Elaborazione dati contabili” (codice ATECO 631111) – già di per sé accessoria all’attività di consulenza fiscale – sembra sia svolta solo in via secondaria.
Tanto premesso, l’istante vorrebbe sapere se può essere abilitata all’utilizzo dei servizi telematici ENTRATEL, ovvero, in alternativa, se l’abilitazione possa essere chiesta dal suo amministratore unico, al quale eroga un compenso mensile.
Ne deriva che l’istante per l’Amministrazione finanziaria potrà ottenere l’abilitazione al servizio ENTRATEL – ai soli fini dell’invio telematico delle dichiarazioni – solo se l’attività di consulenza fiscale, che il “servizio contabile” reso postula, sia effettivamente svolta con “abitualità”.
Per quanto concerne la richiesta di abilitare al servizio ENTRATEL il proprio amministratore unico per procedere alla trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali, la scrivente ha verificato presso le proprie banche dati che l’amministratore unico e legale rappresentante della società non è in possesso di apposita autonoma partita IVA e, conseguentemente, non rientra tra i soggetti di cui alle lettere a) e b) dell’articolo 3, comma 3, del DPR n. 322 del 1998. In mancanza di detti presupposti quest’ultimo non può, dunque, chiedere l’abilitazione al servizio ENTRATEL, a nulla rilevando che gli sia corrisposta una retribuzione periodica, come ordinariamente previsto nei rapporti di lavoro dipendente.

Certificato tardivo per congedo di maternità “flessibile”: la pronuncia della Cassazione


08 febb 2022 Relativamente al congedo di maternità, la mancata presentazione preventiva delle certificazioni comporta che il lavoro nell’ottavo mese è in violazione del divieto di legge con le conseguenze previste dal testo unico, ma non comporta conseguenze sulla misura della indennità di maternità.

Nel caso, una lavoratrice conveniva in giudizio l’Inps chiedendo di ordinare all’istituto di accogliere la domanda di congedo con opzione per la flessibilità e concederle pertanto di assentarsi dal lavoro per i quattro mesi successivi al parto e quindi sino al 27.1.2022. La medesima lavoratrice ha chiesto, sussistendo i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora, di ordinare all’Istituto previdenziale, in via di urgenza, di riconoscerle il congedo con opzione per la flessibilità e concederle, pertanto, di assentarsi dal lavoro per i 4 mesi successivi al parto.
L’Inps ha chiesto il rigetto del ricorso in mancanza dei presupposti per accogliere la domanda di congedo con opzione per la flessibilità, poiché il certificato medico inviato non sarebbe stato idoneo, in quanto non rilasciato nel corso del settimo mese di gravidanza. Come lo stesso istituto ha riconosciuto, il secondo certificato del medico del lavoro competente è stato emesso durante il settimo mese di gravidanza, mentre il primo certificato – secondo l’Istituto – non sarebbe idoneo in quanto emesso con quattro giorni di anticipo rispetto all’inizio del settimo mese di gravidanza.
Tale circostanza non risulta provata e occorre attenersi all’attestazione del medico ginecologo. Tanto basta per riconoscere la validità di entrambi i certificati e la sussistenza nel diritto rivendicato con il ricorso.
Va peraltro condiviso quanto affermato in sede di discussione dalla difesa della parte ricorrente, ovvero che il diritto oggetto del presente giudizio non è disponibile e pertanto nel caso in cui da lavoratrice abbia offerto la propria prestazione di lavoro durante l’ottavo mese di gravidanza, ha diritto all’astensione per i successivi quattro mesi.
In materia, la Corte di Cassazione ha chiarito che “In caso di congedo flessibile la legge prevede che le certificazioni mediche devono essere preventive. La conseguenza è che se la donna viene adibita al lavoro oltre il settimo mese in assenza di tale certificazione si applica la sanzione dell’art. 18, sempre che chi adibisce la donna al lavoro sia consapevole dello stato di gravidanza. Le regole e le sanzioni sono queste, continuano i giudici, non ne sono previste altre. Tanto meno sono previste sanzioni a carico della lavoratrice, che è destinataria della tutela, non delle sanzioni.
Se accade, come nel caso in esame, che il certificato venga presentato oltre il settimo mese e la lavoratrice abbia continuato a lavorare, il datore di lavoro, salve le sue eventuali responsabilità di natura penale, dovrà corrisponderle la retribuzione e quindi l’INPS non corrisponderà la indennità di maternità per l’ottavo mese di gravidanza. Se la certificazione viene nelle more acquisita, la lavoratrice che aveva continuato a lavorare nell’ottavo mese usufruirà dell’astensione sino al quarto mese successivo alla nascita, percependo dall’INPS la relativa indennità. Il periodo complessivo di cinque mesi non è disponibile.
La mancata presentazione preventiva delle certificazioni comporta che il lavoro nell’ottavo mese è in violazione del divieto di legge con le conseguenze previste dal testo unico, ma non comporta conseguenze sulla misura della indennità di maternità.
La riduzione della indennità da 5 mesi complessivi a 4 che l’INPS ha ritenuto di operare, non ha fondamento legislativo e si risolve in una sanzione, a carico della lavoratrice, estranea alle regole ed alle finalità della normativa a tutela delle lavoratrici madri.